Bacci: «Se non guardi, non vedi. Colleghi fatevi venire un dubbio»

La bocca non è solo un organo particolare che esprime sentimenti, piaceri ed emozioni. Non è solo il biglietto da visita di una persona. Può essere anche lo specchio di ciò che accade all’interno del corpo, una spia, un campanello d’allarme di malattie sistemiche che trovano le loro prime manifestazioni proprio nel cavo orale. Per approdare, però, a una diagnosi precoce, bisogna saperci guardare in bocca, sapere come riconoscerle.
Di questo si è parlato ieri sera, mercoledì 10 maggio, nell’incontro di formazione Ciò che la bocca può rivelare organizzato nella sede mestrina dell’OMCeO dalla Commissione Albo Odontoiatri veneziana in collaborazione con la Fondazione Ars Medica e la sezione locale del Cenacolo Odontostomatologico Italiano (COI), che il presidente Angelo Coin definisce «un gruppo di amici che si occupa soprattutto di informazione in campo odontoiatrico, ma non solo. Operiamo a 360 gradi perché vogliamo che il nostro settore sia collegato a tutte le altre branche della medicina».

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Tutto esaurito nella sala intitolata a Caterina Boscolo che si è riempita, con tanto di persone in piedi, di dentisti e medici, in particolare medici di famiglia, perché sono proprio queste due le categorie a cui – come è stato spesso ripetuto durante l’incontro – di fronte a certe manifestazioni deve venire almeno un dubbio.
«Questa sera – spiega Coin – siamo qui con i medici di base perché noi come odontoiatri e loro come primi sul territorio possiamo fare uno screening di massa dei pazienti. È necessario che sempre di più ci interfacciamo l’uno con l’altro: se si hanno dei dubbi, bisogna prendere in mano il telefono e chiamare il collega, confrontarsi con lui, mettersi a disposizione. Stasera parleremo di manifestazioni orali che, forse, noi specialisti conosciamo di più, ma che per il medico di base possono essere problematiche».
Dopo i saluti di rito del presidente OMCeO Giovanni Leoni – che sottolinea: «Queste serate di tipo clinico anche “interdisciplinare”, che possono interessare sia gli specialisti sia i medici del territorio, sono quelle che preferisco perché hanno un’applicazione pratica, diretta, nella vita di tutti noi. Centrare una diagnosi difficile, sottaciuta dà al nostro lavoro quotidiano un’autorevolezza che fa la differenza. Ma per trovare le patologie bisogna conoscerle...» – e del presidente della CAO lagunare Giuliano Nicolin, la parola è subito passata ai moderatori, Paolo Bellemo, segretario culturale del Cenacolo e Gabriele Crivellenti, tesoriere dell’Ordine, ma soprattutto a Christian Bacci, docente di Clinica odontoiatrica e odontostomatologica e di Medicina e patologia orale all’Università di Padova, relatore della serata.

«Il mondo delle manifestazioni orali in corso di patologie sistemiche – spiega subito – è un mondo inesplorato e apre orizzonti nuovi». Un mondo, se si vuole, ancora poco definito: a differenza di quanto accade all’estero, non esiste in Italia una scuola di specializzazione in patologia orale. A guardare in bocca sono spesso il medico di medicina generale, il pediatra di libera scelta e l’odontoiatra. Ma poi, per alcune patologie specifiche seguite nei centri di patologia orale, anche ad esempio, il dermatologo o il patologo orale.
Sui testi di studio, poi, e ne mostra alcuni esempi, si trovano spesso immagini che hanno a che fare poco con la realtà, come le intossicazioni da metalli pesanti che mai il professionista vedrà nella vita perché ormai è storia del passato.
L’analisi del professor Bacci si sviluppa proprio attraverso le immagini, in un dialogo continuo con i presenti in sala. Passa in rassegna non solo le manifestazioni orali delle patologie più diffuse, ma anche – attraverso casi clinici specifici – quelle meno conosciute, più difficili da diagnosticare. Come il 19enne tossicodipendente, sofferente del morbo di Still, una variante dell’artrite reumatoide, che prende da anni tutti i giorni antibiotici e cortisone. «A un certo punto – racconta – all’infettivologo viene un dubbio: possibile che sia una forma di patologia metafocale? Cioè che dal cavo orale sia partito qualcosa che abbia causato quella manifestazione così particolare in un paziente negativo a tutto? Fatti gli accertamenti troviamo solo un dente cariato con una lesione periapicale. Estratto il dente e rimossa la lesione, il paziente guarisce dal morbo di Still. Perché? Perché non era sindrome di Still, era patologia metafocale che rappresentava quella patologia».
Passa in rassegna, il docente universitario, gli ascessi cerebrali, il controllo del dolore e dell’ansia, la profilassi per l’endocardite infettiva, il trattamento di pazienti epilettici, diabetici, celiaci, con ritardo cognitivo – «che – dice – non hanno denti speciali, denti disabili, sono loro a essere speciale, a non poter collaborare» – o con sindrome di down, con disturbi alimentari. Parla di patologie autoimmuni, «quelle che si vedono di più», del lichen planus bianco a livello orale – «che non va mai trattato, finché non diventa rosso, ma che va monitorato ogni 6 mesi perché è una lesione potenzialmente precancerosa» – di malattie vescicolo-bollose, di patologie infettive, di allergie e soprattutto della patologia più grave, il carcinoma del cavo orale, che quando si manifesta in bocca, come mostrano le immagini, non lo fa sempre in modo evidente.
«C’è un alveolo – spiega – che non guarisce. Il dentista, correttamente, cura di nuovo, mette i punti di sutura e ricontrolla il paziente. Dopo una settimana l’alveolo è di nuovo ipertrofico: il dentista manda il paziente in ospedale dove gli viene fatto l’esame istologico. La cosa fondamentale è non lasciar mai andar via il paziente: fatevi venire sempre il sospetto e non perdete di vista i pazienti».

Ma quanto sono consapevoli medici e dentisti di questa branca, la medicina orale, di queste manifestazioni? «Adesso – spiega Christian Bacci – molto. Negli ultimi 20 anni il processo culturale è stato importante: la patologia di medicina orale e la clinica odontostomatologica sono due insegnamenti che fanno ormai parte di tutti i corsi di laurea. Questa branca, che prima era approssimazione, ora è diventata scienza. Serate di aggiornamento come questa, però, sono importanti perché il professionista nella sua carriera di patologie di questo tipo ne vede molto poche. Chi, invece, come me, si occupa di queste cose ne vede molte e può presentare una casistica. Il collega così comincia a farci l’occhio».
Tre le cose che vorrebbe restassero a chi ha partecipato al convegno: il carcinoma del cavo orale esiste, ci si muore e ci si muore male. Che è, però, facile da diagnosticare e che il paziente non va mai perso di vista. «Quando guardano in bocca – conclude – i dentisti non guardino solo i denti, ma anche le mucose di sostegno. Le zone più difficili da esaminare sono il trigono retro molare, il pavimento orale e il tuber maxillae. Se non guardi sotto la lingua, non vedi. Se non guardi, non vedi».

Chiara Semenzato, giornalista OMCeO Provincia di Venezia

Segreteria OMCeO Ve
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