TAR Sicilia 5.04.2011

TAR Sicilia Catania - Sez. I, Sent. n. 558 del 07.03.2011

omissis

FATTO e DIRITTO
Il ricorrente avv. X. X. premette di aver prestato, in passato, insieme all’avv. Y. X. , attività di consulenza ed assistenza legale in favore dell’Azienda Servizi Municipalizzati di Taormina, aggiungendo che tra le controversie trattate in favore dell’Azienda ve ne è una in cui è controparte il dipendente dell’A.S.M. Z. Z. Z. , odierno controinteressato. Precisa, poi, di aver avviato una causa civile nei confronti del citato sig. Z. , in atto pendente presso il Tribunale di Messina, sezione di Taormina, allo scopo di ottenere il risarcimento dei danni subiti a seguito di dichiarazioni asseritamente diffamatorie rilasciate dal convenuto in relazione all’attività professionale svolta dagli avvocati X. .
Allo scopo di integrare la domanda giudiziaria proposta in sede civile, e di fornirla del necessario corredo probatorio, in data 10.09.2010, il ricorrente (in proprio e nella qualità di procuratore generale dell’Avv. Y. X. ) aveva presentato – ai sensi della L. 241/90 – all’A.S.M. istanza di accesso ai documenti amministrativi detenuti dalla stessa Azienda e riguardanti in particolare:
a) la lettera del mese Luglio 2009 indirizzata dal controinteressato Z. al Direttore Generale p.t. dell’A.S.M. dott.ssa Morreale Graziella, nella quale sarebbero contenute espressioni diffamatorie verso il ricorrente;
b) gli atti contenuti nel procedimento di accesso ai documenti amministrativi precedentemente avviato dallo stesso controinteressato Z. presso l’A.S.M., e conclusosi con il rigetto della domanda;
c) ogni altra istanza con la quale il Z. ha richiesto all’A.S.M. atti e documenti riguardanti l’operato degli avvocati X. negli anni 2009 e 2010;
d) chiarimenti da parte dell’A.S.M. in ordine alle ragioni per le quali il Z. risulta essere dettagliatamente a conoscenza di notizie d’ufficio non rientranti tra le sue competenze, ed in certi casi addirittura riservate;
e) le comunicazioni prodotte dal Z. nei procedimenti disciplinari che lo riguardano, laddove facciano riferimento agli avvocati X. ;
f) eventuali provvedimenti disciplinari inflitti al Z. in ragione della eventuale condotta diffamatoria tenuta nei confronti degli avvocati X. ;
g) ogni altra comunicazione utile a rappresentare l’eventuale condotta diffamatoria tenuta dal Z. nei confronti degli avvocati X. .
L’istanza in esame è stata rigettata dall’Azienda con la nota prot. del 5.10.2010, oggetto dell’odierno ricorso, in ragione sia della motivata opposizione espressa dal controinteressato Z. , sia della opportunità di non dar luogo all’accesso in considerazione dei “rapporti professionali in essere con A.S.M.”.
Avverso tale nota, e per ottenete la declaratoria del proprio diritto ad ottenere visione ed estrazione di copia dei documenti indicati, il ricorrente (in proprio e nella descritta qualità) ha proposto ai sensi dell’art. 116 c.p.a. il ricorso in epigrafe.

Si è costituito in giudizio per opporsi all’accoglimento del gravame il controinteressato Z. Z. Z. . In data 25 gennaio 2011, quest’ultimo ha anche depositato una memoria difensiva corredata da documenti, che è stata però inserita in busta chiusa dalla Segreteria della Sezione, in quanto la produzione risulta tardiva rispetto al termine dimezzato (cfr. il combinato disposto degli artt. 73, co. 1, e 87, co. 3, c.p.a.) pari a venti giorni liberi (per i documenti) e quindici giorni liberi (per le memorie) antecedenti l’udienza camerale, fissata nella fattispecie per il 27 gennaio 2011.
A quell’udienza la causa è passata in decisione.
Il ricorso risulta fondato in parte, e va quindi accolto nei termini che seguono.
Va premesso, in punto di diritto, che l’Azienda Servizi Municipalizzati di Taormina – quale ente gestore di servizi pubblici comunali – risulta pacificamente ricompresa tra i soggetti passivi dell’actio ad exhibendum, come chiarisce l’art. 23 della L. 241/90 allorquando precisa che “Il diritto di accesso di cui all'articolo 22 si esercita nei confronti delle pubbliche amministrazioni, delle aziende autonome e speciali, degli enti pubblici e dei gestori di pubblici servizi. (…)”.
In secondo luogo, va ricordato che il generale principio di “trasparenza” dell’azione amministrativa reso esplicito con la nota L. 241/90, trova modo di estrinsecarsi – tra l’altro – mediante l’accesso ai documenti amministrativi che la PA abbia formato, ovvero di cui sia solo in possesso.
L’accesso ai documenti amministrativi, che si esercita attraverso la visione e l’estrazione di copia, trova alcuni limiti legislativamente predeterminati, ed analiticamente elencati nell’art. 24 della Legge, che trovano rispondenza nell’esigenza di tutela di interessi pubblici o individuali che verrebbero intaccati per effetto della divulgazione di dati e notizie. Tra queste esigenze che il legislatore ha stimato meritevoli di rilevante e rafforzata tutela vi è anche la cd. privacy delle persone; infatti l’art. 24, col comma 6, lettera d, esclude dall’accesso i documenti che “(…) riguardino la vita privata o la riservatezza di persone fisiche, persone giuridiche, gruppi, imprese e associazioni, con particolare riferimento agli interessi epistolare, sanitario, professionale, finanziario, industriale e commerciale di cui siano in concreto titolari, ancorché i relativi dati siano forniti all'amministrazione dagli stessi soggetti cui si riferiscono”.
A prima vista, allora, sembrerebbe ricorrere nel caso in esame una delle ipotesi in cui l’accesso può essere legittimamente denegato dalla PA, dal momento che i documenti di cui si è chiesta l’ostensione riguardano per buona parte la sfera privata del controinteressato Z. , e attengono segnatamente ai suoi rapporti lavorativi con l’A.S.M.
Senonchè, va anche rilevato che l’eccezione alla regola generale della pubblicità degli atti della PA contenuta nell’illustrata lettera d, subisce a sua volta una ulteriore eccezione (che, in definitiva, riconferma la validità della regola generale), tutte le volte in cui l’accesso sia funzionale alla difesa di interessi giuridici dell’istante. In tal senso va letto il comma 7 dell’art. 24, laddove contiene una norma di “chiusura” del sistema che prescrive “Deve comunque essere garantito ai richiedenti l'accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici.” La prevalenza del diritto di accesso sul diritto alla riservatezza sarebbe testimoniata dall’uso dell’espressione “comunque” contenuta in apertura del comma 7.
Ed infatti la giurisprudenza ha chiarito che “L'interesse alla riservatezza dei terzi, tutelato dalla normativa mediante una limitazione del diritto di accesso (art. 24 comma 2 lett. d) l. n. 241 del 1990 e art. 8 comma 5 d.P.R. n. 352 del 1992), deve considerarsi recessivo quando l'accesso stesso sia esercitato, come nella fattispecie, per la difesa di un interesse giuridico, nei limiti in cui esso è necessario alla difesa di quell’interesse” (Cons. Stato, VI, 2223/2006).
“In tema di accesso ai documenti amministrativi, in via generale le necessità difensive (riconducibili ai principi tutelati dall'art. 24 della Costituzione) sono prioritarie rispetto alla riservatezza di soggetti terzi: in tal senso, il dettato normativo richiede che l'accesso sia garantito "comunque" a chi debba acquisire la conoscenza di determinati atti per la cura dei propri interessi giuridicamente protetti (art. 20, comma 7, L. n. 241/90); tuttavia, la medesima norma specifica come non bastino esigenze di difesa genericamente enunciate per garantire l'accesso, dovendo quest'ultimo corrispondere ad una effettiva necessità di tutela di interessi che si assumano lesi ed ammettendosi solo nei limiti in cui sia "strettamente indispensabile" la conoscenza di documenti, contenenti "dati sensibili e giudiziari". (Tar Emilia Romagna, Bologna, 7498/2010).
“È illegittimo il diniego di accesso che risulti in contrasto con la norma primaria di cui all'art. 24 l. n. 241 del 1990, la quale stabilisce che ove l'accesso sia necessario per la cura o la difesa di propri interessi giuridici, lo stesso prevale sulla esigenza di tutela della riservatezza dei terzi.” (Tar Marche, Ancona 1310/2008).
Applicando i riferiti principi all’odierna vicenda non sussiste dubbio circa il carattere strumentale e funzionale che la domanda di accesso riveste rispetto al contenzioso civile già avviato dall’odierno ricorrente nei confronti del controinteressato, al fine di contrastare comportamenti asseritamente diffamatori tenuti da quest’ultimo nell’ambito ed in occasione del rapporto di lavoro intrattenuto con l’A.M.S. Contenzioso del quale viene fornita prova in atti.
Affermata, dunque, il linea di principio l’inapplicabilità del limite della cd. privacy (o riservatezza) alla legittima istanza di accesso del ricorrente, occorre adesso verificare in concreto quali documenti richiesti ed elencati nella descrizione del fatto possono effettivamente essere suscettibili di accesso per soddisfare le esigenze di difesa evidenziate dai ricorrenti.
Più in dettaglio, il Collegio ritiene che sia funzionale all’esercizio del diritto di difesa dei ricorrenti la conoscenza di tutti i documenti richiesti nell’istanza presentata il 10 settembre 2010, ad eccezione di quelli indicati nella parte in fatto sub lettere d e g.
Infatti, i chiarimenti richiesti all’Azienda sulle ragioni per le quali il controinteressato risulta a conoscenza di atti d’ufficio riservati o comunque non rientranti fra le sue competenze (lett. d) non possono costituire oggetto di accesso ai sensi della L. 241/90. Si ricorda, infatti, che alla stregua della normativa vigente il “diritto di accesso” si esercita attraverso la visione e l’estrazione di copia di documenti esistenti, in possesso della PA. Non rientra nel concetto di accesso, allora, ogni richiesta di spiegazioni, e/o chiarimenti, sul proprio operato, che induca l’amministrazione a formare nuovi atti che assumono la forma di relazioni, giustificazioni, et similia. Tale richiesta esorbiterebbe dai confini propri dell’accesso, tramutandosi in una sorta di controllo “ispettivo” dell’azione amministrativa, espressamente vietato dall’art. 24, co. 3, L. 241/90, esercitabile eventualmente in altra sede. In questa ottica risulta confacente richiamare anche la norma contenuta nell’art. 2, co. 2, del D.P.R. 184/2006 (Regolamento recante disciplina in materia di accesso ai documenti amministrativi) in base alla quale “La pubblica amministrazione non è tenuta ad elaborare dati in suo possesso al fine di soddisfare le richieste di accesso”.
In relazione alla richiesta rubricata sub g – “ogni altra comunicazione utile a rappresentare l’eventuale condotta diffamatoria tenuta dal Z. nei confronti degli avvocati X. ” – si deve invece escludere l’esercizio del diritto di accesso a causa della genericità ed indeterminatezza della domanda, che viene formulata in forma dubitativa con riguardo alla stessa esistenza dei documenti in questione.
Per quanto esposto, in conclusione, il ricorso va accolto con i limiti appena evidenziati.
Il regime delle spese legali viene così definito: nessuna statuizione viene adottata nei confronti della intimata A.S.M., atteso che gli stessi ricorrenti hanno dichiarato in ricorso di rinunciarvi; nei confronti del controinteressato Z. si stima equo disporre la compensazione delle spese di causa, in considerazione del ruolo processualmente minimale da questi assunto.
P.Q.M.
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione, e per l’effetto dichiara la sussistenza del diritto dei ricorrenti di accedere ai documenti indicati in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 27 gennaio 2011 con l'intervento dei magistrati:
Biagio Campanella, Presidente
Salvatore Schillaci, Consigliere
X. Bruno, Primo Referendario, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/03/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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