Salute delle donne: quando il dolore nasconde una malattia

Mettere a fuoco patologie di cui si parla poco, ma che – come è stato ripetuto più volte durante la mattinata di studi – non sono poi così rare come si immagina. Malattie che colpiscono per lo più le donne, che provocano dolori cronici, spesso invalidanti, talvolta, come nel caso del tumore al colon retto, anche mortali. Malattie che negli operatori sanitari, i medici di famiglia, ad esempio, o quelli del pronto soccorso, devono far venire qualche dubbio in più, devono far scattare un campanello d’allarme. Perché quando la donna chiede aiuto, spesso è perché è arrivata proprio al limite.
Questo l’obiettivo del primo convegno del 2018 patrocinato dall’OMCeO lagunare, La medicina personalizzata. Profili di donna, che si è svolto sabato 13 gennaio, nella sede mestrina dell’Ordine, organizzato dalla sezione veneziana dell’AIDM, l’Associazione Italiana Donne Medico.
«Una giornata di grande aggiornamento, – ha spiegato la presidente veneziana dell’AIDM Viviana Zanoboni – voluta da noi e dalla dottoressa Michela Calmasini, responsabile per l’Ulss 3 Serenissima del Servizio territoriale delle Malattie rare, per spiegare le novità sia in campo diagnostico sia in campo terapeutico. Sono felice di essere qui, nella sede dell’Ordine, che è la vera casa di noi medici, un luogo che ci aiuta e dà la possibilità di incontrarci e confrontarci».
Assente il presidente Giovanni Leoni – impegnato con Maurizio Scassola a Roma nell’ultimo consiglio nazionale della FNOMCeO prima delle elezioni dal 20 al 22 gennaio prossimi – è stato il segretario Luca Barbacane a portare i saluti dell’Ordine. «Nella sezione veneziana dell’AIDM – ha detto – l’Ordine ha sempre una spalla forte, pronta a impegnarsi e a dare un contributo. Questa è la vostra casa, è sempre a vostra disposizione».
Sempre molto vicino alle iniziative organizzate dal mondo medico, non è mancato per un saluto Simone Venturini, assessore comunale alla Coesione sociale. «In questi due anni – ha sottolineato – ho trovato in voi medici una grande squadra, viva, attiva sul territorio, pronta a essere generosa e a mettersi a disposizione della città con mille iniziative e in mille contesti. Anche oggi, essere qui di sabato mattina, credo sia un segnale di attenzione, di volontà di crescere sempre professionalmente, di non accontentarsi mai. Siamo grati e orgogliosi di avere dei medici così a Venezia, al nostro fianco. Abbiamo una missione comune: voi quella più difficile di salvare vite, noi di creare una città più attenta con servizi più efficaci».

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Tre le sezioni in cui è stato diviso il convegno, molto partecipato anche dalla componente maschile della professione: patologie rare ma non troppo, il dolore e il dolore addominale. Il primo tema affrontato è stato quello della sindrome adrenogenitale, iperplasia surrenalica congenita da deficit di 21-idrossilasi, un difetto enzimatico, una malattia autosomica recessiva di cui ha parlato con maestria e limpidezza la professoressa Carla Scaroni, responsabile dell’Unità di Neuroendocrinologia dell’azienda ospedaliera di Padova, esperta del tema a livello nazionale e internazionale.
Una patologia non così rara che, nelle sue tre manifestazioni cliniche, dalla più severa alla più semplice a seconda del tipo di alterazione genetica, colpisce un abitante ogni 15mila nati, uno ogni 50mila e uno ogni mille.
A Emanuela Blundetto, medico di famiglia, cardiologa, consigliere dell’Ordine e vicepresidente dell’AIDM veneziana, invece, il compito di illustrare la sindrome di tako-tsubo, una cardiomiopatia legata a stress psichici intensi, nota anche come sindrome del cuore infranto, caratterizzata da una disfunzione del ventricolo sinistro. Dopo aver spiegato i fattori di rischio per la cardiopatia ischemica nella donna e le differenze di genere nei problemi cardiovascolari tra maschi e femmine, la dottoressa Blundetto ha sottolineato i tratti caratterizzanti di questa sindrome e come individuarli.
«Con questa patologia – ha aggiunto – c’è un completo esaurimento dell’attività muscolare, una sorta di stordimento delle cellule del miocardio, come se si paralizzassero. Spesso il quadro clinico fa trattare il paziente come avesse una sindrome coronarica acuta. Alle donne che arrivano in pronto soccorso con un dolore toracico, tipico o atipico, va fatta grande attenzione: molti sintomi aspecifici possono indicare una patologia cardiaca veramente severa».

Dedicata al dolore la seconda parte della mattinata di studi, partendo da alcune convinzioni: che nella vita di una donna il dolore si presenti, purtroppo, con una certa frequenza e che ogni persona viva il dolore a modo proprio, ancora troppo spesso, però, soprattutto nel genere femminile, in modo nascosto e distruttivo.
Di dolore acuto ha parlato Mara Rosada, dal 2016 primario del Pronto soccorso dell’Ospedale dell’Angelo di Mestre, che ha illustrato il meccanismo del triage avanzato e la capacità degli infermieri addetti di individuare subito il tipo di dolore che affligge il paziente.
Analizzando, poi, i dati degli accessi il primario ha spiegato che non esistono sostanziali e significative differenze tra l’arrivo di uomini e donne alla medicina d’urgenza. Alle donne, però, vengono assegnati codici più gravi, il verde o il giallo, segno di un dolore più grave e persistente: la donna, insomma, arriva proprio quando le serve. Qualche arrivo in più è legato alle pazienti straniere, ma solo perché rispetto alle italiane sono un po’ meno protette dalla rete territoriale.
Spiccate sfumature di rosa nella relazione della dottoressa Rosada, però, illustrando l’apposito codice creato per le donne vittime di violenza di genere, grazie al protocollo operativo siglato da alcuni anni ormai dal Comune di Venezia e dall’Ulss 3 Serenissima: 89 le italiane e 62 le straniere seguite nel 2016, 151 in totale, 94 e 68 nel 2017, 162 in tutto, con un’età media che va dai 35 anni per le straniere ai 43 per le italiane.
Di dolore cronico, invece, e in particolare della fibromialgia, si è occupato Giuseppe Paolazzi, dal 2008 direttore dell’unità complessa di reumatologia all’Ospedale Santa Chiara di Trento, spiegando quanto la patologia sia invalidante e diffusa, dato che colpisce un milione e mezzo di italiani, quasi esclusivamente donne – 9 su 10 – tra i 40 e i 60 anni, e come il dolore cronico non sia un sintomo ma una vera e propria malattia.
Tra i sintomi preminenti il dolore diffuso un po’ in tutto il corpo, la stanchezza, la rigidità mattutina, i disturbi del sonno, talvolta anche la depressione e l’ansia. «Il dolore cronico – ha sottolineato con forza – non è una patologia psichiatrica, è provocata da un cumulo di eventi stressanti ed è legata, oltre che a fattori ambientali, anche alla predisposizione genetica. Per curarla non esistono terapie valide se non c’è la consapevolezza da parte del paziente. Pochi medicinali funzionano: servono soprattutto l’attività fisica, una terapia non farmacologica e una terapia meditativa per migliorare la percezione del dolore».

Più specifica, dedicata al dolore addominale, l’ultima parte del convegno che ha visto protagonisti Francesco Marchiori, dello staff del Dipartimento Screening Oncologici dell’Ulss 3 Serenissima, ed Edoardo Ostardo, responsabile del Laboratorio di Urodinamica e Neuro-Urologia dell’azienda ospedaliera Santa Maria degli Angeli di Pordenone.
Il dottor Marchiori ha sottolineato come la maggioranza delle donne accetti di partecipare allo screening per la ricerca del sangue occulto nelle feci per arrivare a una diagnosi precoce del tumore del colon retto, che è, meglio ricordarlo, il tumore più diffuso in Italia, secondo per tasso di mortalità tra le donne, terzo per gli uomini. Eseguire lo screening ogni due anni, in un’età che va dai 50 ai 69 anni e su invito della propria azienda sanitaria, diminuisce la possibilità di ricevere una diagnosi di carcinoma avanzato.
Il dolore pelvico e la cistite interstiziale, cioè la sindrome cronica che distrugge progressivamente lo strato più superficiale della vescica, rendendo più sensibili a qualsiasi tipo di stimolo, sono stati al centro dell’ultima relazione. Il dottor Ostardo ne ha illustrato i sintomi, che possono assomigliare a quelli di una cistite acuta batterica anche senza infezioni, l’epidemiologia, le cause, la diagnosi e le possibili cure.
Difficile da individuare con test ed esami, la patologia incide pesantemente su molti aspetti della vita quotidiana di una persona, compromettendo la sfera relazionale, quella familiare, quella lavorativa e anche psicologica. Una sindrome che condiziona molto: si riducono l’autostima e la sicurezza, la qualità della vita diventa scadente, si rischiano la depressione, la perdita del sonno, l’ansia, lo stress, le disfunzioni sessuali, gli attacchi di panico.

Malattie rare o subdole, insomma, quelle di cui si è parlato durante questo convegno, patologie che colpiscono molte donne, che sono poco conosciute e a gran fatica diagnosticate. Malattie su cui si deve accendere qualche riflettore in più perché condizionano, e non poco, la vita di molti. «Dobbiamo rilanciare – ha detto concludendo i lavori Viviana Zanoboni – l’alleanza terapeutica tra medico e paziente. Dobbiamo trovare il tempo adeguato per ascoltare le persone sedute dinnanzi a noi. Dobbiamo anche educare il paziente a relazionarsi con noi. Oggi più che mai, è questa una questione fondamentale per la tenuta dei servizi che offriamo».

Chiara Semenzato, giornalista OMCeO Provincia di Venezia

Segreteria OMCeO Ve
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