Responsabilità professionale: dubbi e certezze della Legge 24

Le certezze raggiunte, almeno secondo la magistratura, i dubbi e i tanti nodi ancora da sciogliere sollevati soprattutto dagli avvocati, la chiarezza sulle responsabilità civili e penali per le aziende da un lato e per i medici e gli odontoiatri dall’altro. Ma non solo: in realtà per tutti gli esercenti la professione sanitaria.
Sala consiliare del Municipio pienissima, con tanto di gente in piedi, sabato 14 ottobre a San Stino di Livenza dove si è svolta una mattinata di aggiornamento, dopo quella organizzata nel maggio scorso a Mestre, dal titolo La nuova disciplina della responsabilità medica dopo l’entrata in vigore della Legge 24, organizzata dall’OMCeO veneziano – fondamentale l'apporto di Alessandro Petriccione, consigliere della Fondazione Ars Medica – con il patrocinio dell’Ulss 4 Veneto Orientale, della FNOMCeO, rappresentata dal vicepresidente Maurizio Scassola, delle Procure delle Repubbliche di Venezia e Pordenone, degli Ordini degli Avvocati delle due città e del Comune di San Stino di Livenza.
A 7 mesi dall’entrata in vigore della normativa, approvata in via definitiva alla Camera il 28 febbraio e pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 17 marzo scorso, molto resta ancora da fare: perché sia realmente efficace in ogni sua parte, infatti, devono essere approvati anche i decreti attuativi, provvedimenti su cui, per ora, non c’è certezza di tempi e che, se mancanti, azzoppano la legge.

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I saluti delle autorità
A fare gli onori di casa e a introdurre i lavori del convegno è stato Carlo Bramezza, direttore generale dell’Ulss 4, che ha assistito all’intera mattinata di studi e che ha subito spiegato come siano stati due i principi ispiratori della Legge 24, la volontà di limitare due fenomeni: il contenzioso medico-legale, la cui mole è aumentata negli ultimi anni in modo considerevole, con un rincaro sostanzioso anche dei costi delle assicurazioni sia per le strutture sanitarie sia per i singoli professionisti, e la medicina difensiva, fenomeno diventato ormai insopportabile per le risorse sempre più limitate con cui gli operatori della sanità si devono confrontare.
«Questa legge – ha spiegato – va alla ricerca di un nuovo equilibrio, un nuovo rapporto di fiducia tra medico e paziente da creare sulla base di una maggiore serenità per l’operatore sanitario, per chi opera in questo settore. L’obiettivo della legge è dare più garanzie ai professionisti, ma anche ai cittadini che devono essere ben curati e ottenere i giusti risarcimenti, qualora dovuti, in tempi rapidi».
Il direttore generale ha anche sottolineato come l’Ulss 4 Veneto Orientale abbia compiuto negli ultimi anni uno sforzo importante per ridurre il rischio clinico: «Abbiamo lavorato tantissimo – ha aggiunto – per fare in modo che eventi dannosi o pericolosi per i pazienti non avvenissero più. Con risultati molto importanti perché l’indice di sinistrosità nella nostra azienda sta calando di molto».
Un risultato che possono vantare molte aziende sanitarie venete perché si è cominciato ad affrontare il problema facendo sistema: il sinistro viene affrontato in modo multidisciplinare con tante professionalità diverse che lo analizzano e si confrontano.

Dopo i saluti di Matteo Cappelletto, sindaco di San Stino di Livenza, e di Alvise Cecchinato, a nome dell’Ordine degli Avvocati di Pordenone, che ha auspicato l’efficace funzionamento della riforma, la parola è passata al presidente dell’OMCeO veneziano. Giovanni Leoni ha ricordato come questo evento chiuda il triennio formativo dell’Ordine e come questo mandato sia stato fortemente caratterizzato dalle collaborazioni con altre figure professionali, magistrati e avvocati in questo caso, ma anche farmacisti, veterinari, psicologi e giornalisti.
Leoni ha anche commentato la decisione presa nei giorni scorsi dal consiglio straordinario della FNOMCeO di ritirarsi da tutti i tavoli istituzionali con il governo, per protestare contro il Ddl Lorenzin sulla riforma degli Ordini, e ha sottolineato come anche la professione odontoiatrica sia sempre più sotto attacco a causa di pubblicità aggressive e ingannevoli, fatte per lo più da catene low cost, che non mettono in primo piano la salute dei cittadini, ma il profitto.
«Purtroppo – ha aggiunto poi riferendosi al tema del convegno – i vantaggi economici, i facili guadagni, dietro ai contenziosi sono molto forti. Bisogna ricordarsi che dietro a un medico accusato c’è sempre un medico che lo accusa e che, spesso, sono i consulenti a decidere le sorti di un processo. Gli atti dei contenziosi che arrivano sulla mia scrivania di presidente sono motivo di studio, ma anche di grande amarezza per alcune sentenze».

Due le sessioni che hanno caratterizzato la mattinata di studi: nella prima, moderata dal presidente Leoni e da Maria Caterina De Marco, direttore della Funzione Ospedaliera dell’Ulss 4, il mondo legale ha illustrato le novità introdotte dalla legge, sollevando anche più di qualche dubbio sulla reale efficacia di alcune parti, nella seconda, guidata da Andrea Zornetta della CAO veneziana e da Maria Grazia Carraro, direttore sanitario dell’Ulss 4, si sono analizzati alcuni aspetti più specifici legati al provvedimento: il ruolo del medico legale, l’azione di rivalsa e la polizza assicurativa.

I lavori del convegno
Al procuratore aggiunto del Tribunale di Venezia Adelchi D’Ippolito il compito di aprire il convegno illustrando alcuni dei punti chiave della legge 24, non prima, però, di aver sottolineato – come già fatto tante volte in appuntamenti precedenti – come lo strumento del consenso informato, da raccogliere più volte durante la cura quando cambiano le strategie terapeutiche, sia fondamentale proprio in un’ottica di riduzione dei contenziosi legali. Il consenso – meglio ricordarlo – deve essere validamente espresso: il paziente, cioè, deve essere giuridicamente in grado di esprimere il consenso in modo valido, ma anche l’informazione deve essere perfettamente comprensibile al paziente. Il medico, insomma, deve usare un linguaggio semplice e diretto, tanta concretezza e pochi tecnicismi.
«Uno degli obiettivi della legge 24 – ha spiegato poi – è realizzare un punto di equilibrio tra le garanzie che deve avere il paziente e la serenità che è dovuta al medico. La collettività ha interesse ad avere un medico tranquillo, preoccupato della salute del paziente, delle sue cure e non del possibile svolazzare della toga del magistrato dietro di lui».
Il magistrato ha poi sottolineato come la medicina difensiva pesi sulle casse della sanità, come talvolta sottoponga il paziente anche a cure eccessive e come un passaggio fondamentale per limitare i contenziosi sia la separazione dell’azione penale da quella civile. «L’azione penale – ha detto – viene usata per lo più come strumento di pressione per ottenere il risarcimento del danno. Spesso, appena il danno viene risarcito, anche la querela viene ritirata. Bisogna istituire allora un doppio binario: togliere al medico la preoccupazione che possa arrivare un avviso di garanzia strumentale solo a ottenere un risarcimento economico».
Fondamentale nella Legge 24 anche il riferimento alle linee guida, che «assumono – ha sottolineato – un significato decisivo: non è, infatti, punibile il medico, che non dovrà difendersi in un’aula di giustizia, a cui venga contestata l’imperizia e che abbia provocato un danno, se si è attenuto rigorosamente alle linee guida pubblicate».
Altri passi avanti, secondo D’Ippolito: il taglio della prescrizione, dimezzata da 10 a 5 anni; il doppio binario sulla responsabilità civile che riguarda sia le strutture sanitarie sia i singoli professionisti; l’onere della prova dell’eventuale errore medico, che ora spetta al paziente e non più al camice bianco; il tentativo obbligatorio di conciliazione attraverso una consulenza tecnica preventiva.
«Il ruolo del consulente – ha aggiunto – è delicato e decisivo nella causa: deve avere un’autonomia e una libertà assolute, per questo bisogna procedere con un criterio di scelta a rotazione. È garanzia di terzietà e di indipendenza, poi, che la consulenza arrivi da un collegio in cui ci siano sempre almeno un medico legale e un medico esperto della materia». Un otorino, per capirsi, non può essere chiamato a valutare un ortopedico, come invece spesso accade oggi.
«Questa legge – ha concluso – pur non risolvendo totalmente i problemi, fa fare significativi passi avanti: va nella direzione detta all’inizio di trovare un punto di equilibrio perfetto, per quanto la pratica lo renda possibile, tra le garanzie dei cittadini e la serenità assoluta al medico, che non è un suo privilegio ma una necessità dalla collettività».

Più specifico, invece, il tema trattato nella sua relazione da Marco Brusegan, giovane sostituto procuratore del Tribunale di Pordenone, che ha parlato del quesito e della consulenza tecnica per morte o lesioni personali in ambito sanitario, a partire da un’esigenza specifica: agire usando metodi a prova di dubbio.
«Il problema, allora – ha spiegato subito – è come agire in modo pratico in caso di morte per omicidio colposo o di lesioni. Quando alla procura arriva la notizia di reato, la prima decisione urgente, da prendere velocemente, è chi farà l’autopsia che il pm dispone se c’è un sospetto di reato. Dato che l’autopsia è irripetibile, la tendenza è iscrivere nel registro degli indagati tutti i medici entrati in contatto con il paziente, perché è un atto anche a loro garanzia».
Qui, però, scattano anche i dubbi: può essere solo il medico legale a condurre l’autopsia o è necessario che si istituisca subito il collegio dei consulenti? E se, come magistrato, ancora non so quali siano le condizioni che hanno portato il paziente alla morte, come faccio a nominare un perito specialista della materia?
«Dopo aver accertato le cause della morte – ha aggiunto – il magistrato chiede al collegio di percorrere tutti gli step del reato colposo, analizzandoli nei loro componenti tecnici. Si va a verificare anche se siano o meno state violate le linee guida: qui il consulente è fondamentale perché il giurista difficilmente potrebbe reperire le linee guida e le buone pratiche ammesse dalla comunità scientifica». Passo ulteriore, infine, la verifica della causalità colposa cercando di capire quale fosse la regola esistente per evitare l’evento di morte e cosa sarebbe successo se nell’evento specifico quella regola fosse stata applicata.
«Alla legge 24 – ha concluso Brusegan – non è stata ancora data piena attuazione. Le linee guida non sono chiaramente indicate. La ricerca del consulente, allora, deve essere condotta in uno schema logico che permetta al pm e al giudice di arrivare a una soluzione in tempi brevi e potenzialmente con il minore grado di dubbio possibile. Solo così si può definire in modo celere il procedimento o nel senso dell’archiviazione o dell’azione penale».

A presentare un focus sulla responsabilità civile sia per le strutture sanitarie sia per il singolo professionista è stato l’avvocato del Foro di Venezia Camilla Mastrangelo, che ha passato in rassegna gli articoli 7, 8, 12, 13, e 15 della nuove legge.
Tanti i dubbi sul provvedimento espressi dal legale che ha sottolineato, tra l’altro, come il provvedimento tuteli più il danneggiato che i professionisti sanitari, garantendo risarcimenti più veloci e sicuri, come il medico dipendente ricavi pochi vantaggi concreti dalla norma, e come sia stato definito un doppio binario di responsabilità professionale: contrattuale ed extracontrattuale. «Nutro dei seri dubbi – ha spiegato – sulla reale efficacia di questa disposizione, cioè sulla possibilità che la distinzione tra le responsabilità della struttura e quelle del suo medico dipendente possa ridurre i contenziosi. Non credo che il diverso termine di prescrizione possa produrre l’effetto disincentivante sperato anche perché il momento di decorrenza della prescrizione nei casi sanitari non è collocato tanto nel giorno in cui il fatto è stato commesso, quanto nel giorno in cui è maturata la consapevolezza che il danno sia collegabile a un determinato atto illecito».
L’avvocato ha sottolineato poi come, già prima della Legge Gelli, nella stragrande maggioranza dei casi si evocasse in giudizio solo la struttura, per tanti motivi. Innanzitutto per ridurre il rischio di avere più controparti e di accollarsi, in caso di istanze rigettate, le spese legali. «Se – ha detto – ho un solo contraddittore, mi è più facile gestire la causa e anche in sede di medico legale, avrò un solo consulente di parte avversa. A mio avviso la strada per proteggere davvero i medici era eliminare per legge la responsabilità civile diretta del singolo professionista, vietando che possa essere citato in giudizio, un po’ come avviene, ad esempio, per gli insegnanti».
L’avvocato Mastrangelo ha parlato anche: del tentativo di conciliazione obbligatoria e delle sanzioni che comporta; di come l’articolo 12 sulle possibilità del danneggiato non sia ancora applicabile perché ancora non ci sono i decreti attuativi; dell’obbligo entro 10 giorni, introdotto dall’articolo 13 e che solleva anche in questo caso tanti dubbi, di avviso al medico da parte delle strutture e delle compagnie assicuratrici di un procedimento in corso a suo carico; dell’obbligo del collegio peritale e di come il magistrato sia tenuto a giustificare le scelte che compie in questo ambito.

La seconda parte della mattinata è stata aperta da Claudio Bianchin, responsabile del Servizio Medicina Legale dell’Ulss 1 Dolomiti e componente medico legale del Comitato Valutazione Sinistri dell’Ulss 4, che, per prima cosa, ha sottolineato le difficoltà legate alla raccolta del consenso informato dal paziente. Ha poi illustrato le barriere progressive a tutele del professionista sanitario offerte dalla Legge 24 come una serie di reti che iniziano con la prevenzione del sinistro per passare all’attenuazione delle responsabilità e infine alla riduzione dei riflessi patrimoniali.
Non sono mancati, anche in questo caso, i dubbi riguardanti in particolare l’idea, sottintesa alla legge, che migliorando la qualità delle cure si riducano le richieste di risarcimento – «Gli studi dicono che non è così» ha sottolineato Bianchin – e che le linee guida siano la panacea per risolvere tutti i mali. «Sono uno scudo – si è chiesto il medico legale – o una spada? Un fattore protettivo o di rischio? Direi entrambe le cose. Ma davvero riducono il costo e la frequenza dei sinistri? Non credo, servirebbero assunti di altro tipo. Come, per esempio, l’idea che a ogni sistema di sintomi corrisponda sempre una patologia specifica. Voi sapete che non è così. Le linee guida non coprono tutto il contenzioso, solo una piccola parte, e non entrano in modo automatico nella prassi, ci vuole tempo. Più che di buone pratiche cliniche, dunque, bisognerebbe parlare di “migliori pratiche disponibili”».

La parola è passata poi all’avvocato Mario Giordano, consulente legale dell’Ordine veneziano dei Medici, per approfondire il tema delle azioni di rivalsa. «Dopo un lungo travaglio – ha detto più ottimista dei relatori precedenti – si è arrivati a una stabilizzazione del sistema. Questa nuova legge dà precise indicazioni al procedimento che la struttura, pubblica o privata, attiverà nei confronti di chi ha sbagliato. È sicuramente una legge piena di limiti, ma è la meno peggio che si è riusciti a tirar fuori».
Ha spiegato, poi, come la chiave della norma stia nell’obbligatorietà dell’assicurazione estesa a tutti, come tra gli aspetti positivi della norma ci siano la terzietà garantita dal giudizio, la possibile riduzione dell’addebito da parte del giudice, la non trasmissibilità agli eredi dell’eventuale responsabilità riconosciuta, la grande possibilità che ha il medico di difendersi grazie alla norma introdotta all’articolo 13.
«Se l’interessato non viene informato – ha detto – o se l’informazione è carente per omissione, tardività o incompletezza, voi vi salvate dall’azione di regresso. Non so se questo termine di 10 giorni sarà mantenuto perché in organizzazioni complesse come le aziende sanitarie, è difficile in così poco tempo identificare tutte le persone coinvolte in un caso ed avvertirle. Allo stato dell’arte, però, i giudizi di rivalsa sono fortemente limitati da questa norma che, a mio avviso, presidia i diritti del medico: è la norma più a favore del medico di tutte quelle viste finora».

Prima della conclusione dei lavori, spazio anche all’avvocato della Regione Veneto Giacomo Vigato che ha partecipato attivamente all’estensione di una polizza assicurativa regionale con contenuti innovativi. Il legale è partito da numeri e statistiche per parlare di come i premi assicurativi siano esponenzialmente aumentati, fino anche del 300%, di come i professionisti sanitari si ritrovino all’improvviso scoperti, di come ci siano in giro tante compagnie assicuratrici, soprattutto estere, con scarsa solidità finanziaria.
«In Regione – ha aggiunto – abbiamo cominciato a lavorare a questo progetto perché ci siamo accorti anche di un atteggiamento passivo delle aziende sanitarie, dell’ancora insufficiente diffusione della cultura del risk management. Oggi, invece, per la prima volta, voi potete percepire una struttura che vi tuteli nella serenità. Il nostro obiettivo è dare sicurezza agli operatori sanitari». Sicurezza che da una parte si realizza nelle cure migliori da dare al paziente, dall’altra nella prevenzione nella gestione dei rischi da parte del personale, non solo medico.
«Nel nostro modello di prevenzione – ha proseguito – un pool di esperti, composto tra gli altri di un medico legale, un medico di specialità e un risk manager, esamina il caso e suggerisce al direttore generale se liquidare o meno il sinistro per le somme sotto la franchigia. Abbiamo anche formato un gruppo di lavoro per proporre un contratto assicurativo di tipo privato per tutelare alcuni aspetti: una polizza omnia per la tutela della responsabilità civile, per quella legale, patrimoniale e amministrativa». Un monitoraggio costante dei risultati e il principio di imparare dagli errori commessi, gli altri strumenti per raggiungere l’obiettivo.

Conclusioni
Proprio al ricorso a gruppi di lavoro complessi per arrivare a soluzioni comuni ha fatto, infine, riferimento anche Maurizio Scassola, vicepresidente della FNOMCeO, che ha sottolineato come la Federazione nazionale e il CSM, Consiglio Superiore della Magistratura, stiano collaborando per «condividere un buon standard comportamentale che aiuterà i magistrati ad avere atteggiamenti omogenei in ogni parte d’Italia».
Scassola ha anche sottolineato come difficilmente il semplice ricorso alle linee guida possa risolvere qualche problema, rilanciando, invece, la possibilità di accesso gratuito di tutti i medici e gli odontoiatri alla più grande banca dati sanitaria mondiale attraverso il sistema EBSCO. «È un grande valore aggiunto – ha spiegato – a sostegno delle decisioni cliniche, della qualità e della sicurezza del servizio sanitario nazionale. Ogni medico può usarla per motivare o sostenere una propria decisione clinica, inserendo il riferimento anche nella cartella clinica, che, come il consenso informato, non è burocrazia sterile, ma un grande strumento di difesa del professionista, del paziente e della qualità del lavoro che facciamo».

Qualche certezza, insomma, ma ancora tante le perplessità rimarcate dai giuristi su questa nuova norma. Un tentativo di buona volontà da parte del legislatore, su cui, però, ancora molto resta da fare. Temi complessi su cui in futuro ci si confronterà ancora a lungo.

Chiara Semenzato, giornalista OMCeO provincia di Venezia

Segreteria OMCeO Ve
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