Cartelle cliniche e schede sanitarie: necessari ed efficaci strumenti di difesa

Ciò che non è documentato, non esiste. La cartella clinica è ancora lo strumento difensivo più efficace per eliminare il rischio di incorrere in ipotesi di responsabilità professionali penalmente o civilmente rilevanti. E poi un mito da sfatare: meno si scrive, meno si sbaglia. Non è così. Questi i concetti fondamentali, più volte ripetuti dai relatori, trasmessi ieri sera, martedì 26 gennaio, durante il convegno La cartella clinica per medici ed odontoiatri, organizzato al Padiglione Rama dall'Ordine veneziano dei Medici, Chirurghi e Odontoiatri, in collaborazione con l'Ulss 12 e la Procura di Venezia.

“Con l'Ordine dei medici – spiega Giuseppe Dal Ben, direttore generale dell'Ulss 12 veneziana nei saluti iniziali – abbiamo voluto sviluppare questo percorso inerente alla medicina legale per cogliere nozioni utili ed evitare errori o dispiaceri che possono sorgere magari per non aver compilato la cartella clinica come si dovrebbe”.
Un percorso che concretizza un'idea nata nel 2015 proprio dall'incontro tra OMCeO e Procura di Venezia, per soddisfare “la necessità – spiega il presidente Giovanni Leoni – di aprire incontri e dibattiti per chiarire l'atteggiamento della Procura quando esamina i comportamenti dei medici. La cartella clinica non è un problema solo di tipo ospedaliero, ma ha una declinazione odontoiatrica, una di medicina generale, una di medicina del territorio. Tutte tracce fisiche del percorso che fa il professionista”.
“La documentazione clinica – sottolinea Maurizio Scassola, vicepresidente della Federazione nazionale degli Ordini – non deve mai essere considerata solo un onere burocratico. È la responsabilizzazione dei nostri atti, è una verifica e revisione costante della qualità del nostro lavoro, è un tracciato del nostro passaggio, delle nostre azioni, un percorso di consapevolezza nell'ambito della sicurezza delle cure, uno strumento strategico nella nostra professione”.

Una serata di analisi e studio, il cui protagonista principale è stato il procuratore aggiunto Adelchi D'Ippolito, che ha illustrato il valore legale della cartella clinica e della scheda sanitaria, ma in cui sono stati anche riportati alcuni casi concreti medico legali.
Come quella cartella clinica truccata “per tentare di raddrizzare una situazione storta – spiega Silvano Zancaner, direttore dell'Unità Operativa Complessa Medicina Legale dell'Ulss 12 – che ha portato conseguenze dolose che non ci sarebbero state, dato che nel decesso registrato non c'erano responsabilità del personale medico o infermieristico”.
O ancora il caso del medico – raccontato da Cristina Potì, direttore dell'Unità Operativa Sicurezza del paziente, sempre dell'azienda sanitaria veneziana – condannato dopo aver candidamente dichiarato di non aver partecipato alla compilazione della cartella clinica.

“Su questa materia – chiarisce subito il procuratore D'Ippolito – non ci sono punti fermi. Non posso darvi un'indicazione e dirvi: seguitela. È un campo scivoloso: si raggiungono certezze e poi, in sei mesi, cambia tutto”. Da parte sua e del Tribunale veneziano il magistrato assicura “una grandissima umiltà culturale”, un accostamento al problema con cautela “nella certezza che avere un medico sereno quando entra in corsia o in sala operatoria sia un interesse di tutti”.
Ecco allora che, quando c'è un procedimento a carico di un medico, la prima cosa che si acquisisce è proprio la cartella clinica “che – spiega il procuratore – svolge vari ruoli di garanzia (per il paziente, per il medico e anche per la struttura sanitaria), ma che soprattutto ha una particolare efficacia probatoria”.
I dati oggettivi contenuti, insomma, e la loro provenienza sono, in sede di giudizio, una prova privilegiata. Per contestarli bisogna ricorrere a un altro istituto giuridico: la querela di falso. In pratica: se il paziente dice che la temperatura nella cartella registrata è sbagliata dovrà poterlo dimostrare. Non così le valutazioni del medico, come ad esempio la necessità o meno di un intervento chirurgico.
Tre i problemi veri della cartella clinica: la compilazione, la conservazione e l'accesso dei dati. “Il responsabile della compilazione – spiega il magistrato – è il direttore sanitario dell'unità operativa. È chiaro, però, che il primario, soprattutto nelle grandi strutture, non può compilare centinaia di cartelle. La sua responsabilità è dunque di verificare la regolarità della documentazione. I singoli dati sono compilati dal medico curante”. Al momento delle dimissioni del paziente, la responsabilità della conservazione passa al direttore sanitario della struttura.
“La cartella clinica – prosegue D'Ippolito – è delicatissima per il tipo di dati che contiene su cui vige un obbligo di segreto. Il paziente, però, può vederla in qualsiasi momento e deve trovarla compilata in modo corretto e aggiornata”. In sostanza – anche questo concetto ribadito più volte durante la serata – l'aggiornamento deve essere contestuale all'azione che si è fatta sul paziente e sulla documentazione non possono esserci correzioni o interlineature. “L'obiettivo – precisa – è evitare che la cartella possa essere accomodata dopo 4 giorni o un mese, magari in seguito a una denuncia del paziente”.

Nessun obbligo preciso, invece, di compilare una cartella clinica per il medico di famiglia. “La scheda sanitaria del medico di base – spiega il procuratore – certamente non ha valore di atto pubblico, non ha la stessa forza probatoria. È un promemoria, una scrittura privata in cui si annota la storia clinica, diagnostica, terapeutica del paziente”.
Un documento su cui l'azienda sanitaria può fare controlli: può controllare che ci sia, ma non ha alcun potere sul suo contenuto. La mancata tenuta di una cartella clinica o di una scheda sanitaria, inoltre, non solo può avere rilevanza nel reato di omissione d'atto d'ufficio, ma anche in sede disciplinare.

Una difesa a spada tratta della corretta compilazione di una scheda odontoiatrica da parte dei liberi professionisti, poi, è arrivata da Giuliano Nicolin, presidente della Commissione Albo Odontoiatri dell'Ordine veneziano.
“I profili giuridici precisi – spiega subito – indicati dal procuratore per la cartella clinica nel nostro campo non ci sono. Ma, partendo dalla mia esperienza e dalla casistica, noi spesso siamo chiamati a fornire, attraverso la scheda odontoiatrica, una prova di ciò che abbiamo fatto, per giustificare i nostri atti”.
Nonostante, insomma, non ci siano leggi specifiche sull'utilizzo o la compilazione della scheda odontoiatrica, la stessa ha un valore probatorio anche per i dentisti, soprattutto se compilata correttamente e se soddisfa i requisiti richiesti: verità, completezza, precisione, chiarezza e tempestività. “Pur non avendo valore legale – continua Nicolin – la mancanza o l'incompletezza della scheda possono far presupporre intenti di coprire lacune o errori terapeutici”.
Tanti, allora, esempi visivi alla mano proiettati sullo schermo, i consigli ai colleghi dentisti e odontoiatri: compilare la scheda contestualmente alla cura e non tutta alla fine, magari dopo un anno di sedute; precisare anche i dati amministrativi; fotografare il più possibile; compilarla pensando che dovrà essere leggibile anche a lunga distanza di tempo e comprensibile anche agli estranei; inserire i dati specificando chi ha fatto cosa.
“Anche per noi, dunque – conclude il presidente della CAO – un diario clinico carente è un possibile mezzo accusatorio, un diario clinico completo e ordinato è, invece, un efficace mezzo di difesa contro contestazioni infondate. L'assenza di documentazione clinica alimenta un sospetto di colpa. La scheda odontoiatrica è un biglietto da visita per noi nei confronti dei nostri pazienti, è indice di una professionalità che noi esprimiamo. È qualificante: il suo valore assoluto è dimostrare il percorso che abbiamo fatto in modo chiaro, trasparente e forte”.

La parola, infine, a medici legali e avvocati. “Tutto ciò che non è scritto – spiega il dottor Davide Roncali, medico legale e consigliere dell'OMCeO veneziano – che non è documentato, di fatto non esiste. È interesse degli attori del percorso clinico-terapeutico lasciare traccia di quello che hanno fatto. La documentazione sanitaria diventa una forma di tutela del medico e della qualità della prestazione. Di riflesso di tutela del paziente. È qualcosa di virtuoso, di aiuto al professionista, sia pubblico sia privato”.
“Un avvocato – sottolinea il legale Mario Giordano, consulente dell'Ordine – davanti a una cartella clinica la vede come prova privilegiata, ciò che gli consente di tirar fuori un medico da un pasticcio. Il mio consiglio allora è: annotate tutto, è fondamentale farlo, scrivete con attenzione, con cura, senza esagerare, senza ridondanza, ma scrivete, dite quello che avete fatto perché domani sarete giudicati su quello”.
“La cartella clinica e le altre documentazioni sanitarie – dice l'avvocato Giorgio Spadaro, altro consulente legale dell'Ordine, concludendo i lavori del convegno – sono ancora l'unico strumento in grado di attenuare o eliminare la possibilità di responsabilità professionale del medico, lo strumento difensivo più efficace per eliminare il rischio di incorrere in ipotesi di responsabilità professionali rilevanti sotto il profilo penale e civile”.

Una riflessione approfondita che, però, non finisce qui. Un'analisi accurata sul consenso informato è in programma tra qualche settimana. L'appuntamento è per martedì 9 febbraio alle ore 20 sempre al Padiglione Rama.

Chiara Semenzato, collaboratrice giornalistica OMCeO di Venezia.

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Segreteria OMCeO Ve
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