Animali e uomo, quando il rischio passa dal cibo

Fare chiarezza sui rischi. Allertare sul pericolo, oggi molto elevato, della resistenza batterica. Lavorare in sinergia per trovare percorsi comuni. Sono questi gli obiettivi della seconda serata di aggiornamento – la prima era stata lo scorso 5 maggio – organizzata insieme dalle sezioni veneziane dell'Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri e dall'Ordine dei Medici Veterinari. Un momento di approfondimento sulle Malattie trasmissibili da alimenti di origine animale a uomo, in programma giovedì 27 ottobre, a partire dalle ore 20, nella sala Caterina Boscolo della sede OMCeO, in via Mestrina.
Il corso, che assegnerà 3 crediti ECM ad entrambe le categorie professionali, cercherà di spiegare come gli animali possano essere una fonte di malattia per l'uomo anche attraverso la contaminazione o l'infestazione di cibi destinati all'uso umano. Come, insomma, possa avvenire il contagio degli alimenti e come gli alimenti “infetti” possano poi colpire anche l’uomo. Parteciperanno Rudi Cassini e Mario Pietrobelli, dell'Università di Padova, dipartimento di Medicina animale, produzioni e salute, e Stefano Grandesso, dirigente sanitario per la Diagnostica batteriologica e micologica dell'Ulss 12 Veneziana, che abbiamo intervistato.

Dottor Grandesso, quali rischi corre l'uomo per malattie che si trasmettono attraverso cibi di origine animale?
Il rischio è abbastanza elevato per certi microorganismi e abbastanza trascurabile per altri. Nel caso dell'echinococcosi, ad esempio, si segnalano ormai poche centinaia di casi in tutta Italia in un periodo di tempo di 5-6 anni. La toxoplasmosi, invece, che non è più un grosso problema per il malato immuno-deficitario, lo è per le donne in gravidanza che devono attuare tutte quelle precauzioni alimentari che consentono di ridurre il rischio. Su questo cercherò di fare un po' di chiarezza perché c'è confusione. Basti pensare che qualcuno dice che il prosciutto cotto si può mangiare e quello crudo no, o viceversa: la cosa migliore è sempre evitare qualsiasi carne poco cotta, dove possono esserci toxoplasmi che possono creare problemi a livello congenito.

Altri rischi?
Il rischio è molto evidente anche per le campilobatteriosi e le salmonellosi perchè i veicoli di trasmissione sono abbastanza diffusi: si va dalle uova alla carne di pollo, dalla carne di bovino alle verdure, che possono essere contaminati. Questo porta ad avere parecchi casi di salmonellosi, non tanto di quelle classiche, tifoidee, che c'erano in passato, quanto di quelle minori, una per tutte la salmonella enteritidis. Ce ne sono a bizzeffe, spesso anche non diagnosticate: ci sono, però, anche casi gravi che possono portare a forme di disidratazione importanti per cui è necessario un ricovero in ospedale. Le campilobatteriosi sono meno diffuse, sono quasi sempre autolimitanti e possono anche loro evolversi diffondendosi nel sangue. Anche qui casi che richiedono un ricovero ospedaliero.

Che genere di prevenzione si può attuare?
Le verdure devono essere sempre ben lavate e le carni, sia bianche che rosse, cotte sempre molto bene perché la carne al sangue può essere un rischio. Bisogna poi assicurarsi che le uova provengano da allevamenti in cui c'è un certo tipo di controllo: quelle del contadino, ad esempio, sono più a rischio di quelle degli allevamenti. Dove c'è più controllo, si è più tutelati. Se però il biologico arriva da un allevamento dove non ci sono le batterie di galline, dove – diciamo così – la produzione avviene in modo più naturale, i controlli ci sono. Io stesso ho vissuto sulla mia pelle una salmonellosi, che mi ha provocato una gastrointerite – siamo stati colpiti in 40 – per aver mangiato a un pranzo di nozze gamberetti in salsa rosa...

Spesso in passato ci sono stati vari allarmi, l'aviaria o la mucca pazza... poi, per fortuna, i danni sono stati relativi. C'è un allarmismo che scatta in modo sconsiderato?
Il meccanismo che scatta fa prestare più attenzione: si fa prima a mettere un allarme e controllare con più attenzione un possibile pericolo, rispetto a quando questo allarme non c'è e poi magari l'infezione si scatena. Questi allarmi, comunque, hanno messo in condizione noi di essere preparati a un pericolo incombente, sia a livello diagnostico, sia a livello terapeutico. Se fosse successo qualcosa, se fosse scattata l'emergenza, avevamo tutto pronto, avremmo saputo cosa fare e come farlo.

Dottor Grandesso in cosa consiste il suo lavoro?
Il nostro lavoro è andare alla ricerca, su campioni che ci arrivano dai vari reparti o dal territorio, del microorganismo che causa un'infezione. Poi lo isoliamo e, dove possibile, cerchiamo di evidenziare le resistenze batteriche. Questa è un'altra delle cose che cercherò di sottolineare al corso di giovedì: le resistenze batteriche agli antibiotici sono sempre più diffuse e allarmanti, sono sempre più pericolose perché non c'è più un investimento nella ricerca di antibiotici nuovi. C'è un uso incongruo ed esagerato di antibiotici negli allevamenti: più si usano antibiotici più i batteri creano resistenza. Su questo i nostri livelli di attenzione sono altissimi, abbiamo un'emergenza che scatta ogni giorno con batteri che sono resistenti di fatto a tutti gli antibiotici. Altro che allarme rosso...

Un'ultima domanda: perché questo corso può essere utile da una parte a medici e odontoiatri e dall'altra ai veterinari?
Perché questa interazione è fondamentale per arrivare a un mondo migliore: facciamo un passo insieme tenendoci sottobraccio. Dobbiamo renderci conto dell'importanza delle sinergie tra le varie professionalità, è imprescindibile mettere in comune conoscenze che spesso rimangono isolate. Si potrà così avere il massimo effetto con il minimo sforzo: cercare di preservare l'ambiente animale significa non trasmetterne le problematiche al mondo umano.

Chiara Semenzato, collaboratrice giornalistica OMCeO Venezia

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Segreteria OMCeO Ve
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